Ritorno alla filatura

Gruppo Albini va controcorrente e apre una nuova filatura – Ecco le ragioni di questo investimento e le foto dello stabilimento.

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L’Italia fino a qualche decennio fa era il regno delle filature di qualità. Nomi come Filatura di Legnano, che negli anni d’oro arrivò a lavorare sino a 40 milioni di cotone l’anno, Cotonificio Olcese o Franzoni Filati. Nomi che hanno significato per tanti anni eccellenza italiana nella lavorazione del cotone e che hanno dovuto arrendersi al mercato. Oggi in Italia e in Europa le filature chiudono o delocalizzano in paesi come la Cina, l’Egitto o l’India. Con una sola eccezione, probabilmente l’unica in occidente: la nuova filatura del Gruppo Albini a Ceto, in Valcamonica, che da gennaio è entrata in piena produzione, sette giorni su sette, per la produzione di filati finissimi per camiceria.

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Frutto di un investimento di due milioni e mezzo di euro e di un accordo con Niggeler & Kupfer, in realtà si tratta di una “filatura nella filatura”. In pratica Gruppo Albini ha allestito una filatura con macchine dell’ultima generazione per una produzione di nicchia di altissimo livello in una parte dello stabilimento preesistente, affidandole in comodato d’uso a N&K per la lavorazione dei filati che poi acquista direttamente. Una sinergia da manuale che combina l’esperienza nella filatura di N&K con il know how del cotone di Gruppo Albini. E un’operazione interessante anche sul versante sociale, dal momento che lo stabilimento di Ceto di Niggeler & Kupfer, senza la profusione di capitali di Gruppo Albini, avrebbe probabilmente corso il rischio di chiusura e delocalizzazione.

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Dalla struttura bresciana oggi escono quindi filati pregiati per camicie di altissima qualità (un tipo di filato che veniva realizzato dalla Manifattura di Legnano a Perosa prima della chiusura) destinati a Gruppo Albini, che con questo tassello chiude il cerchio di un gruppo che parte dalla scelta accurata del cotone, anche mediante campi in Egitto che producono soltanto per l’azienda di Albino, fino alla tessitura e all’esportazione del 70% del prodotto finito in oltre 80 Paesi. Una filiera totalmente controllata per mantenere l’elevato livello di qualità indispensabile perché un’azienda occidentale possa oggi affrontare proficuamente il mercato globale.

La ragione di essere controcorrente

Abbiamo parlato del nuovo investimento con Silvio Albini, presidente del Gruppo Albini e alla guida dell’azienda assieme ai fratelli e a un cugino che si suddividono le responsabilità delle aree chiavi, dal finanziario al commerciale, dalla produzione al prodotto. «L’investimento che abbiamo fatto nella nuova filatura – racconta – viene ritenuto strano e antistorico da molti addetti ai lavori, dal momento che la filatura cotoniera si è estremamente ridotta dai tempi in cui i filatori italiani erano i leader al mondo. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un grande ridimensionamento, con chiusure e delocalizzazioni. Abbiamo riportato una limitata ma qualificatissima produzione di filati di cotone greggio in Italia perché ritengo che avere il controllo di tutta la filiera produttiva, dai nostri campi di cotone in Egitto e dalla materia prima che compriamo in tutto il mondo fino ad arrivare alla tessitura, sia un elemento di coerenza fondamentale per poter essere presenti con forza nella fascia medio alta e alta del mercato. In questo modo abbiamo una tracciabilità totale e la possibilità di offrire ai nostri clienti un prodotto che abbia una “storia” certa per consentire che il consumatore abbia la consapevolezza e la conoscenza di quello che sta dietro ai capi pregiati che acquista. È in questo senso che questa decisione sia tutt’altro che antistorica, secondo il mio parere. E il mercato sta riconoscendo tutto il lavoro che stiamo facendo nello sviluppare filati molti fini, nello scegliere il cotone più bello e nel proporre nuovi tessuti basati su questi filati. Abbiamo scelto N&K per questa operazione perché in questo modo abbiamo potuto combinare le capacità di un filatore molto bravo che conosciamo da tantissimo tempo, con la nostra conoscenza del cotone, sfruttando la loro struttura e concentrando gli investimenti su macchinari estremamente moderni. Il risultato è la filatura più fine che esista attualmente al mondo, almeno per quanto di mia conoscenza. Ritengo che ci sia una importante domanda di nicchia, in Europa e nel mondo, per filati così fini».

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La volontà di investire

Gruppo Albini, come tutti, ha sentito la crisi del 2008/2009 durante la quale ha registrato una contrazione del volume d’affari. Dal 2010 ha ricominciato a crescere, con un fatturato di 121 milioni di euro nel 2011 e una crescita di due punti percentuali nel 2012. Una capacità di reagire alle difficoltà del mercato dovuta alla solidità finanziaria dell’azienda, che anche negli anni più duri non ha mai cessato di investire mantenendo il parco macchine all’avanguardia. «Bisogna avere il coraggio di investire anche nei momenti critici» afferma Silvio Albini. «Tanti nostri concorrenti non stanno investendo e stanno delocalizzando, ma i nostri padri e i nostri nonni ci hanno insegnato che nel settore tessile bisogna investire ogni anno. Anche nel 2008/2009 abbiamo, tra l’altro, dedicato molte risorse al polo logistico di Gandino e a un nuovo stabilimento in Egitto».

Della capacità e della volontà di investire di Gruppo Albini è molto contento Alberto Menotti, direttore di produzione degli stabilimenti di Albino e Gandino. «L’innovazione tecnologica è alla base di questa azienda» spiega. «Abbiamo il meglio della tecnologia disponibile e lavoriamo fianco a fianco con aziende come Itema per sviluppare, ad esempio, telai che siano adeguati ai fabbisogni di tessuto per camiceria, definendo a tavolino le dimensioni della bocca d’ordito, l’angolo di battuta del pettine, la dimensione della banchina per un corretto imborso del tessuto. In questo modo riusciamo ad ottenere macchine adeguate alle nostre necessità sia dal punti di vista qualitativo sia da quello quantitativo». La qualità in Gruppo Albini è un requisito fondamentale, ma è importante anche accorciare i tempi di attraversamento in stabilimento per offrire tempi di consegna più veloci. E con oltre 20000 varianti di tessuto costantemente in produzione, con lotti medi che partono da poche decine di metri fino a metrature molto consistenti, la flessibilità in produzione è importante. Menotti è riuscito nell’intento di ridurre i tempi di attraversamento con complessi alchimie su centinaia di macchine che tessono articoli uno diverso dall’altro. «Fino a qualche anno fa – racconta – un tempo di evasione di ordini tra dieci e dodici settimane era normale, mentre oggi riusciamo a consegnare anche in quattro settimane». Un altro tassello, assieme alla decisione di aprire la nuova filatura, che consente al Gruppo Albini di affrontare con gli strumenti giusti il mercato attuale.

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Nell’impianto di Ceto

Il progetto della filatura di Ceto con le macchine del Gruppo Albini è partito all’inizio dell’anno scorso. A metà settembre è stata avviata la prima produzione e da gennaio è a pieno regime sette giorni su sette. Nel 2013 si stima che il valore della produzione sarà di circa nove milioni di euro, affidata ai 6480 fusi che nello stabilimento lavorano esclusivamente per Albini (in totale ce ne sono 18.500). «A Ceto – afferma Renzo Rampinini, un tecnologo del Gruppo Albini responsabile per lo sviluppo del prodotto e per la gestione del parco macchine di proprietà di Albini nella nuova filatura – è operativa una linea di apertura e preparazione fornita da N&K, integrata con altri macchinari nuovi. Sono presenti cinque filatoi da 1296 fusi, due dei quali sono i nuovissimi Rieter K46 che non sono stati ancora presentati al mercato. Gli altri sono filatoi della italiana Marzoli con braccio di compattazione della tedesca Suessen. Tecnologie differenti, con minime variazioni di qualità che contiamo di allineare su livelli eccellenti per i finissimi che Manifattura Legnano faceva per conto di Albini. Andremo ad assestarci su circa 700 chilogrammi al giorno di filatura e fino a 2000 chilogrammi la giorno di preparazione».

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«Conoscendo a fondo il cotone che acquistiamo in tutto il mondo o che facciamo coltivare nei nostri campi in Egitto, grazie a questa filatura riusciremo a sfruttar appieno le sue qualità» aggiunge Aldo Pienzi, un consulente di Albini Group che per tutta la sua carriera, in gran parte svoltasi presso la Manifattura di Legnano, si è occupato dell’acquisto di cotoni. «Albini – prosegue Pienzi – acquista oltre 2.800 balle di cotone all’anno, che arrivano da tutto il mondo in un magazzino di Trieste dove vengono immagazzinate e classificate in modo da poter fare miscele dalle caratteristiche mirate per ogni tipo di tessuto che vogliamo realizzare. Oltre la metà di queste balle arrivano a Ceto. Un parte viene filata in loco e una parte viene preparata in spole per essere affidata a filature partner. In questo modo abbiamo un controllo totale sulla filiera industriale, anche quando affidiamo il prodotto a terzisti».

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Moreno Soppelsa è un giornalista e fotografo con competenze nella diffusione di contenuti nei nuovi e vecchi canali, dalla carta stampata ai social media, dai siti Web alle App.

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