Nel laboratorio delle nanotecnologie

A Milano la ricerca scientifica all’avanguardia sull’elettronica organica stampata apre nuovi scenari –  Viaggio nel Center for Nano Science and Technology dell’Istituto Italiano di Tecnologia.

Immaginate una comune macchina da stampa impiegata nelle arti grafiche, una stampante digitale a getto d’inchiostro o una rotativa flessografica. Immaginate che stia stampando etichette che contengano, invece delle solite immagini, dei videoclip o animazioni. O che stia stampando volantini pubblicitari nei quali, invece delle solite fotografie statiche, ci sia uno “slide show” con le immagini di tutti i dettagli del prodotto che volete comperare. Oppure, più “semplicemente”, che la macchina da stampa stia stampando direttamente su carta o plastica le smart label, etichette intelligenti che nelle versioni attuali sono costituite da un microscopico chip al silicio (come i tag Rfid). Uno scenario che appartiene a un futuro che potrebbe essere prossimo anche grazie agli studi svolti presso il Center for Nano Science and Technology di Milano, centro nato nel 2010 e appartenente alla rete dell’ Istituto Italiano di Tecnologia. In particolare, il gruppo ricerca di Mario Caironi sulla “Printed and Molecular Electronics”, che comprende vari ricercatori e studenti di dottorato, tra cui Giorgio Dell’Erba e Andrea Perinot, è riuscito a mettere a punto un procedimento che permette di stampare circuiti elettronici organici su supporti che spaziano dal PET alla carta, dal vetro a, potenzialmente, un guscio d’uovo. E, per alimentare questi circuiti elettronici, all’interno dello stesso gruppo il ricercatore Marco Carvelli sta lavorando sulle celle solari organiche stampabili.

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Vantaggi e svantaggi dell’elettronica stampata

L’elettronica organica, che può essere definita come l’elettronica del carbonio anziché del silicio, non è in effetti una novità dell’ultima ora visto che le prime ricerche su materiali organici cristallini come alternativa al silicio risalgono agli anni 50, ma soltanto negli ultimi tempi la ricerca ha avuto un grosso impulso. «L’elettronica stampata – afferma Giorgio Dell’Erba – prevede l’utilizzo di materiali polimerici e non, processabili da soluzione (cioè solubili e depositabili in forma liquida). Questo permette l’utilizzo di tutte quelle tecniche di produzione a bassissimo costo utilizzate per le arti grafiche». Ma in quale modo il mondo dell’industria può trarre vantaggi dall’elettronica stampata? «Uno dei principali motivi – aggiunge Andrea Perinot – è l’estrema riduzione dei costi di produzione rispetto alle attuali tecnologie utilizzate per l’elettronica, che richiedono processi ad alta temperatura (fino a 1400°C) e altissime o bassissime pressioni. L’elettronica stampata evita questo tipo di processi, con temperature di processo minori di 150°C. Inoltre, essendo basata sul carbonio, non necessita di particolari procedure di smaltimento quando diventa un rifiuto, con la possibilità di essere riciclata come plastica. I processi a bassa temperatura permettono un enorme riduzione dell’energia utilizzata per la produzione dei dispositivi».

Se questi sono i grossi vantaggi, i punti deboli attuali sono altrettanto importanti. «Allo stato dell’arte – spiega Dell’Erba – non è possibile ancora ottenere performance che siano comparabili con quelle della tecnologia a silicio monocristallino utilizzata per la produzione di circuiti integrati e microprocessori. La principale limitazione è nella frequenza di lavoro dei singoli transitor, con valori record intorno ai 10 MHz ma che si attesta generalmente su valori molto inferiori (10-100 kHz), che ha una diretta ripercussione sulla massima frequenza operativa dei circuiti». Per fortuna nelle principali applicazioni dell’elettronica stampata non sono necessarie frequenze di lavoro elevate, anche se i ricercatori prevedono che con uno sviluppo mirato delle architetture dei transistor la frequenza di lavoro possa essere sensibilmente migliorata. «La soluzione temporanea a questa limitazione – sostiene Dell’Erba – potrebbe essere una tecnologia ibrida con l’utilizzo di dispositivi all-printed per gli impieghi che non richiedono elevate frequenze di lavoro e di classici integrati al silicio per quelli che invece lo richiedono».

Le applicazioni chiave

Vi sono parecchie possibilità di impiego per l’elettronica organica. Come ad esempio i display flessibili, anche se al momento le rese di processo non sono tali da permettere di produrre dispositivi su scala industriale. Nell’ambito delle etichette intelligenti sarà invece possibile stampare dispositivi su larga scala a un bassissimo costo. L’utilizzo di una tecnologia ibrida, in parte organica e in parte inorganica, permetterebbe di ottenere ottime performance senza rinunciare ai vantaggi di un’elettronica flessibile, trasparente e a basso costo. Nel campo della moda, la flessibilità e la trasparenza dell’elettronica stampata potrà invece consentire agli stilisti di pensare a nuove tipologie di tecnologia indossabile. Queste stesse caratteristiche rendono questa tecnologia molto interessante nell’ambito delle arti grafiche. «Un possibile utilizzo – afferma Dell’Erba – potrebbe essere quello di stampa di flyer pubblicitari flessibili, attivi, accattivanti e riciclabili che, successivamente ad una appropriata ingegnerizzazione, potrebbero andare a competere (sia dal punto di vista del costo sia della quantità di contenuti proposta) con i classici flyer cartacei».

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La tecnologia sviluppata all’IIT

Ma vediamo ora qual è esattamente cosa è stato fatto fino a oggi all’interno dei laboratori milanesi dell’Istituto Italiano di Tecnologia. «La tecnologia che abbiamo sviluppato – afferma Mario Caironi – ci permette di costruire circuiti logici complessi su substrati di plastica comune, PET o PEN, e di diversi spessori, da 200μm fino a 1μm (100 volte meno dello spessore di un capello). Utilizziamo tecniche di scrittura diretta e di stampa derivate dalle arti grafiche come la stampa a getto di inchiostro, il bar-coating, la stampa flessografica e così via. Con queste tecniche è possibile creare layer dopo layer, in modo additivo, i circuiti. I materiali che utilizziamo sono polimeri conduttori, semiconduttori e dielettrici che possono essere processati da soluzione, cioè disciolti in un solvente».

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Dopo la stampa, facendo evaporare il solvente, è possibile riconvertire i materiali depositati allo stato solido. I circuiti così ottenuti mostrano una trasparenza superiore al 90%. Per quanto riguarda i limiti di questa tecnologia, di cui abbiamo scritto precedentemente, Perinot così commenta: «In termini di performance allo stato dell’arte si è ancora lontani da quelle del silicio monocristallino con cui si producono microprocessori e circuiti integrati, ma siamo allo stesso livello (e in alcuni casi superiore) del silicio amorfo con cui viene prodotta l’elettronica per l’indirizzamento attivo di matrici e display. I principali fattori limitanti sono la frequenza e le tensioni di lavoro dei transistor, che si ripercuotono sui circuiti. Per cercare di oltrepassare la prima difficoltà tecnologica, facciamo ricerca utilizzando anche altre tecniche di scrittura diretta come la femtosecond laser ablation e il femtosecond laser sintering, cercando di integrarle con quelle già citate. Per quanto riguarda la seconda limitazione, ci concentriamo sulla combinazione di diversi materiali per riuscire a far funzionare i circuiti in maniera affidabile a basse tensioni».

Il fotovoltaico con la flessografia

I ricercatori prevedono che una delle future applicazioni in cui questa tecnologia sarà presente sarà il fotovoltaico organico. Un esempio potrebbe essere rappresentato da un foglio di giornale o da un volantino della grande distribuzione che integra una cella solare in grado di alimentare le sue componenti interattive. Nell’ambito del laboratorio di ricerca milanese è attivo il progetto Solar Print, cofinanziato da IIT che fornisce il know-how scientifico sulla tecnologia organica fotovoltaica e da Omet (www.omet.it), azienda di Lecco specializzata nella produzione di macchine per la stampa di etichette e imballaggi flessibili, che fornisce il know-how ingegneristico relativamente alle macchine da stampa e ha installato presso il laboratorio di IIT una macchina flessografica Omet Flexy. «Negli ultimi due anni e mezzo – afferma Marco Carvelli, ricercatore post-dottorato di IIT – ci siamo concentrati sulla produzione di celle fotovoltaiche organiche tramite un processo di stampa rotativa flessografica. Abbiamo prodotto i primi prototipi di celle stampate su polimeri usando inchiostri “funzionalizzati”, che hanno l’obiettivo di convertire la luce in cariche elettriche, quindi in corrente. L’ingegnerizzazione di questo processo è complessa perché la cella ha uno spessore inferiore al milionesimo di metro e occorre lavorare con una precisione alla quale le arti grafiche non sono abituate». Uno degli obiettivi a lungo termine di questa ricerca è rappresentato, per fare un esempio, dalla realizzazione di pannelli fotovoltaici organici tanto leggeri e flessibili da poterli avvolgere attorno a un edificio. «Si tratta però di un obiettivo a lungo termine – prosegue Carvelli – perché le celle devono avere una durata temporale di 25/30 anni, mentre allo stato attuale della ricerca è difficile arrivare a un tempo di vita superiore ai cinque anni. I materiali organici sono estremamente sensibili all’azione dell’ossigeno e del vapore acqueo. Quindi bisogna mettere a punto tecniche di laminazione e incapsulazione in grado di aumentarne la durata e questo esclude applicazioni in questo campo per i prossimi due o tre anni. Un’alternativa interessante, praticabile sin da ora, è rappresentata dalla cosiddetta “Internet delle cose”. La casa domotica è una realtà, ma tutti i sensori impiegati hanno bisogno di batterie che nel tempo devono essere cambiate, con un costo elevato. La nostra idea è quella di convertire la nostra tecnologia di celle solari organiche in modo che possano assorbire la luce artificiale, cosa che possono fare meglio del tradizionale silicio».

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Prossimo futuro

I giochi sono aperti. La ricerca è avviata. Le connessioni con il mondo delle arti grafiche si stanno aprendo. Il terreno, insomma, è ben concimato e appare fertile. Non è davvero impossibile immaginare che tra qualche anno dalle macchine da stampa delle arti grafiche escano prodotti che, nelle mani dei consumatori, si trasformino in volantini con immagini animate e video, etichette veramente parlanti e celle solari in grado di alimentare quello che la fantasia suggerirà.

 I protagonisti

Giorgio Dell’Erba. Nato a Bari nel 1987, laureato in Ingegneria Elettronica presso il Politecnico di Milano. Attualmente è PhD Student presso il Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano con una borsa di studio dell’IIT presso il CNST di Milano. Lavora sullo sviluppo di circuiti elettronici organici integrati.

Andrea Perinot. Nato a Vittorio Veneto (TV) nel 1987, è laureato in Ingegneria Elettronica presso il Politecnico di Milano. È PhD Student presso il Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano, con borsa dell’IIT. Lavora presso il CNST di Milano sulla fabbricazione di transistor organici ad effetto campo ad alta velocità con l’ausilio di tecniche di direct-writing.

Marco Carvelli. Nato a Rho (MI) nel 1983, ha studiato ingegneria fisica al Politecnico di Milano con specializzazione in nano-ottica e fotonica. Nel gennaio 2008 si è trasferito a Eindhoven, dove ha iniziato la sua ricerca di dottorato nel gruppo materiali molecolari e nanosistemi guidato dal professor Reinder Coehoorn. Nel febbraio 2012 ha conseguito il titolo di dottorato di ricerca presso l’Università della Tecnologia di Eindhoven. È Postdoctoral research associate al CNST. Il focus della sua ricerca è lo sviluppo e l’ottimizzazione di celle solari organiche stampabili.

Mario Caironi. Nato a Bergamo nel 1978, Laurea e PhD in Ingegneria Elettronica presso il Politecnico di Milano, è stato per tre anni Post-Doctoral Researcher presso i Cavendish Laboratories di Cambridge. Nel 2010 è diventato team leader del gruppo “Printed and Molecular Electronics” presso il CNST dell’IIT dove, nel maggio 2014 è diventato tenure-track researcher. Ha all’attivo più di cinquanta pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali di rango, due capitoli di libro, due brevetti e ha curato per Wiley un libro su “Flexible and Large Area Electronics”, con pubblicazione prevista per la fine del 2014.

Cos’è l’IIT

L’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) è una fondazione di diritto privato istituita congiuntamente dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e dal Ministero dell’Economia e Finanze, con l’obiettivo di promuovere l’eccellenza nella ricerca di base e in quella applicata e di favorire lo sviluppo del sistema economico nazionale. IIT ha dato vita nel 2010 al Center for Nano Science and Technology (CNST), nelle vicinanze con il Politecnico di Milano, con il quale sono attive molte collaborazioni. Vi opera un centinaio di ricercatori (sono 800 quelli presenti nella sede centrale di Genova di IIT), Scopo dell’attività di ricerca del CNST è fare innovazione tecnologica partendo dalla ricerca di base. In particolare i campi di applicazione specifici sono la conversione fotovoltaica, i sistemi bio-mimetici e l’elettronica stampata.

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Moreno Soppelsa è un giornalista e fotografo con competenze nella diffusione di contenuti nei nuovi e vecchi canali, dalla carta stampata ai social media, dai siti Web alle App.

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