La stampa 3D per gli stampisti

Le tecnologie di stampa additiva adatte per gli stampisti. Il parere di produttori di macchine 3D, di stampisti e di service di prototipazione rapida.

In un recente editoriale Claudio Giardini, professore all’Università di Bergamo e direttore tecnico della rivista STAMPI (Tecniche Nuove), ha scritto che gli stampisti dovrebbero prendere in considerazione la stampa 3D per tre motivi: perché è una tecnologia che può essere considerata sussidiaria e di supporto alla classica iniezione plastica permettendo, a fianco della produzione di grandi numeri di prodotti, la realizzazione anche di piccole serie o di prodotti personalizzati; perché vi si possono trovare ambiti di investimento per differenziare la tipologia dei prodotti forniti in termini di numeri e materiali mantenendo però la stessa connotazione di conto terzisti; perché le stampanti 3D permettono la realizzazione di geometrie estremamente complesse che possono essere rappresentate matematicamente ma che non possono essere ottenute con gli approcci convenzionali come nel caso, ad esempio, di componenti ottimizzati per l’impiego in turbine per la generazione di energia.

Stratasys Objet 500-1283_newLogo (Medium)

Abbiamo sottoposto le considerazioni di Giardini ad alcuni stampisti, produttori di stampanti 3D e service di prototipazione rapida che lavorano per gli stampisti. E tutti si sono detti sostanzialmente d’accordo con quanto ha scritto. Ma la stampa 3D ha molte sfaccettature ed è una definizione che comprende macchine che vanno da 1000 a 300.000 euro di costo, che richiedono conoscenze anche complesse di tecniche e materiali. Abbiamo cercato quindi di capire quali sono le tecnologie più adatte per gli stampisti, se conviene loro investire portandosele all’interno o rivolgersi ai service di prototipazione. E, soprattutto, se hanno intenzione di farlo.

Roland DG ARM-10_front_re (Medium)

Da stampista a prototipatore

In queste pagine riportiamo molti pareri di stampisti, produttori di stampanti 3D e service di prototipazione rapida che offrono i loro servigi anche agli stampisti. Ma un caso particolarmente interessante ci è sembrato quello di Fernando Bernini, il fondatore nel 2000 di Febertek – Centro di prototipazione economica di Carpi (MO). Interessante perché Bernini, prima di fondare in anni pioneristici la sua azienda che si occupa di progettazione e prototipazione rapida, stampa additiva e sottrattiva e rilievi dimensionali, è stato uno stampista. E perché, anche all’interno di Febertek, come vedremo, ci sono visioni differenti rispetto alle tecnologie additive applicate al campo degli stampisti. Prima di “passare la palla” al suo collaboratore Marco Esposito che nell’azienda di Carpi segue in particolare la parte degli stampi in silicone per piccole pre serie, nota però che «da ex stampista trovo ancora molti limiti nell’utilizzo funzionale dei prototipi, ragion per cui li spingo con cautela quando questi devono affrontare delle prove meccaniche con aspettative simili a quelle dei tecnopolimeri di stampaggio. Molti passi in avanti sono stati fatti, ma siamo ben lontani dal raggiungimento delle stesse caratteristiche di un tecnopolimero stampato a iniezione, pur impiegando la stessa materia prima per realizzare il prototipo mediante stratificazione. Vantaggiosa rimane la possibilità di ricavare potenzialmente qualsiasi forma geometrica, a prescindere dalla sua eventuale fattibilità mediante stampaggio ad iniezione, ma si tratta di sporadici casi, soprattutto artistici, che solitamente competono il mondo delle modellerie e delle fonderie. L’unica tecnica di prototipazione additiva che consente un utilizzo strutturale del prototipo rimane la SLM, ma purtroppo i suoi costi non sempre la rendono appetibile nella realizzazione di matrici per stampi, seppur siano innegabili i suoi vantaggi in termine di condizionamento dei maschi, grazie alla possibilità di realizzare condotti di raffreddamento a volte impensabili con tecnologie tradizionali». Una visione quindi concretamente dubbiosa dei vantaggi della stampa 3D, ma con una decisa apertura per il futuro prossimo. «La vera rivoluzione – prosegue Bernini – avverrà con le stampanti a 5 assi a deposito di filo fuso che, senza l’ausilio di nessun supporto di difficile rimozione, potranno stampare qualsiasi termoplastico. Ma al momento siamo ancora in attesa di ottenere risultati soddisfacenti in questa direzione». Dicevamo che anche all’interno di Febertek ci sono opinioni diverse a proposito della stampa additiva. E infatti Marco Esposito premette che «Rispetto a Fernando ho un’idea più ottimistica sulla stampa 3D. Nel senso che è se pur vero che lo stampaggio additivo ha caratteristiche tecniche inferiori al materiale stampato, è anche vero che molte volte il materiale stampato ha caratteristiche superiori a quello che occorre per lo scopo preciso di quel pezzo, e quindi lo si può realizzare tranquillamente con le tecniche additive in piccoli lotti. Rimane ancora aperta la questione di dovrà potrà arrivare la stampa 3D basata sull’EBM (Electronic Beam Machine), che è quella a cui fa riferimento il Prof. Giardini (vedi inizio di questo articolo, ndr), ma che potrebbe rivelarsi più un nemico che un alleato dello stampista tradizionale». Fatta questa premessa, Esposito si sofferma in particolare sugli stampi per piccoli lotti con tecniche di prototipazione rapida e con due sistemi distinti: lo stampaggio con stampi in silicone e lo stampaggio con inserti in resina. «Nel primo caso – afferma Esposito – si tratta di una tecnica di stampaggio con macchine per vuoto. La morbidezza del silicone consente di stampare anche piccoli sotto-squadra. Le materie plastiche stampabili sono della famiglia delle poliuretaniche, che possono riprodurre fedelmente tutti i tipi di materiali plastici, anche i più complessi. Si tratta di una tecnica ideale per lotti fra i 10 ed i 30 pezzi, dipendendo dalle complessità geometriche del pezzo stesso. Talvolta, per geometrie semplici, si può arrivare anche a 40/50 pezzi per stampo. È obbligatorio il passaggio per la prototipazione, essendo necessario un master da replicare, in tal caso si usa la stereolitografia per la sua precisione. Per quanto riguarda invece lo stampaggio con inseriti in resina, gli inserti maschi e femmina sono realizzati a partire da un prototipo. Viene poi colato l’inserto e rifinito a macchina a controllo numerico (CNC), il vantaggio principale è nel costo dell’inserto e nella velocità di realizzazione dello stesso, si può usare per stampare in materiale plastico definitivo per lotto da 100 fino a 1.000 pezzi». Non sfugge il fatto che Marco Esposito abbia citato esclusivamente tecnologie professionali di prototipazione rapida. E per quanto riguarda le stampanti 3D da scrivania di cui si parla tanto oggi ci saranno secondo lui possibili evoluzioni significative, tanto da rendere ghiotte anche per gli stampisti? «Non sono molto convinto – dice – che le macchine di tipo Desktop possano esprimere significative variazioni, se non di abbassare il costo per i prototipi di tipo semplice e senza particolari pretese. Invece per le professionali sono ancora da esplorare nuovi materiali (nanocaricati e alta tempeatura) e nuove tecniche, come l’EBM».

HP3DX10001HR (Medium)

Il service che è anche rivenditore

Il ricorso degli stampisti ai service di prototipazione rapida è da tempo consistente. Quello di Prototek/Selltek di Valenza (AL) è un punto di osservazione privilegiato, perché oltre ad essere il service di prototipazione rapida in alta definizione più grande d’Italia è anche rivenditore autorizzato e centro di assistenza certificato per le stampanti 3D della 3D Systems. «Abbiamo clienti – ci racconta Damiano Vescovo, fondatore e CEO delle due aziende – che acquistano prototipazione per la realizzazione di stampi, prototipazione per attrezzaggio dei macchinari e anche prototipi per la progettazione degli stampi stessi. Il portafoglio prodotti 3D Systems conta 11 tecnologie differenti. I clienti che utilizzano la nostra offerta, per la realizzazione di stampi, possono scegliere fra la tecnologia SLA (Stereolitografia), MJP (MultiJetPrinting) e DMP (DirectMetalPrinting). Le prime due impiegano resine fotopolimerizzabli con caratteristiche meccaniche e fisiche molto diverse tra loro, per densità, trasparenza, robustezza, elasticità e resistenza alle temperature. Tali resine, grazie all’additive manufacturing si trasformano in prototipi, parti funzionali, pre serie di produzione e master per la realizzazione di “negativi” per il co-stampaggio, con layer da 16 micron e definizioni su X,Y di 750×750 DPI. La tecnologia DMP o sinterizzazione delle polveri metalliche è la frontiera per produrre direttamente parti complesse di stampi in acciaio od altri metalli, potendo realizzare geometrie complesse, con spessori minimi, costruendo parti prima d’ora non realizzabili o che con le tecnologie tradizionali comporterebbero lunghe lavorazioni meccaniche, in più componenti, poi da assemblare». Secondo Damiano Vescovo, grazie all’utilizzo dell’additive manufacturing, qualsiasi azienda manifatturiera acquisisce competitività in termini di velocità di servizio, risparmio di materie prime e risparmio di manifattura, oltre che la possibilità di realizzazione di tutto ciò che è limitato dai sistemi tradizionali. Sul versante della differenza tra le tecnologie amatoriali, come la FDM dei maker, e quelle professionali, Vescovo è netto: «Riteniamo che ci sia una linea di confine molto marcata da ciò che viene chiamato “stampa 3D” rispetto alla manifattura additiva professionale e da produzione. Già oggi in questo settore si utilizzano queste tecnologie per tutte le fasi di ricerca e sviluppo, prototipazione e realizzazione delle pre serie o mini produzioni, che non giustificherebbero i costi di impianto per produzioni di migliaia di parti. Il futuro sarà sicuramente caratterizzato dalla sinterizzazione dei metalli».

Quello che dicono gli stampisti

Ma cosa ne pensano gli stampisti di queste nuove possibilità? Ne abbiamo interpellati parecchi e, nella maggior parte dei casi, ci hanno spiegato che hanno sentito parlare della stampa 3D, almeno a grandi linee, ma che non hanno ancora ritenuto opportuno prenderla seriamente in considerazione. Alcuni perché in caso di necessità ricorrono ai service di prototipazione rapida, altri perché non sentono la necessità di impiegare tecniche di stampa additiva. Altri stampisti la tengono d’occhio molto più da vicino. Stefano Garletti, amministratore della Fratelli Garletti di Botticino Sera (Brescia) che costruisce e progetta stampi, ma che ha anche un reparto di stampaggio al suo interno, afferma che attualmente non la usa frequentemente e principalmente per i prototipi. «Sicuramente la utilizzeremo in modo massiccio nel prossimo futuro» aggiunge però Garletti. «Sto infatti valutandone l’utilizzo in azienda per ottenere una maggiore flessibilità e velocità di reazione nella fase di preventivazione». Anche Eurostampi, azienda di Sarcedo (VI) fondata un quarto di secolo fa con l’obiettivo di fornire un servizio che parte dalla progettazione dello stampo sino ad arrivare al prodotto finito ha le idee chiare in fatto di prototipazione. «Forniamo – ci spiega Valentino Dell’Igna, il fondatore e titolare dell’azienda – ai clienti che lo chiedono, campionature di particolari prodotti con la tecnica della prototipazione rapida. I campioni possono essere prodotti con diversi materiali. Un esempio sono le resine con caratteristiche meccaniche ed estetiche simili a quelle dell’ABS o del Nylon, in diverse colorazioni. Nel complesso, considero la stampa 3D un’ottima soluzione per avere il pezzo finito disponibile per prove e valutazioni, prima di effettuare investimenti e progetti provvisori. Per quanto riguarda le stampanti 3D di fascia bassa, ho visto alcuni pezzi prodotti da questi modelli economici e devo dire che la qualità non era del tutto soddisfacente. Non penso di poter fornire piccoli lotti di prodotto che non rispecchino la qualità e la funzionalità degli articoli stampati ad iniezione. Considero positivo l’approccio di questa tecnologia nell’ambito della produzione del campione da usare per prove funzionali ed estetiche». Chiudiamo questa carrellata con le dichiarazioni di Pasquale Laria, project manager di ZMF, azienda bergamasca specializzata nello stampaggio a caldo di leghe non ferrose. «Non disponiamo attualmente di una stampante 3D – afferma – ma fino ad ora abbiamo collaborato con aziende specializzate nel settore per la fornitura di prototipi in ABS allo scopo di poter condividere con cliente e/o fornitori campioni estetici di prodotti più o meno complessi, oggetto di industrializzazione. È sicuramente nostro interesse avvalorare il servizio di engineering e di codesign che proponiamo ai nostri clienti. La stampa 3D è per noi una possibilità, oltre che valore aggiunto, di poter migliorare la gestione e lo studio dei particolari che progetteremo e realizzeremo. È un plus per i nuovi progetti e poter toccare con mano ciò che si sta solamente concettualizzando con un modello 3D permette in fase preventiva di poter evitare problematiche quindi introdurre innovazioni o miglioramenti». Pasquale Laria è del parere che, per quanto riguarda l’azienda per cui opera che è un contoterzista, la tecnologia di prototipazione o di stampa 3D non potrà sostituire la nostra tecnologia anche per le piccole serie, limitandosi ad essere un buon strumento di supporto.

I produttori di stampanti

Dopo aver sentito il parere di stampisti e service di prototipazione rapida vediamo infine quello che ci raccontano alcuni produttori di stampanti 3D, sia di livello professionale sia di livello consumer. Di 3D Systems abbiamo scritto nel paragrafo dedicato ai service di prototipazione, quando abbiamo intervistato il fondatore di Prototek, dal momento che lo specialista di prototipazione rapida è anche distributore in Italia (tramite Seltek) delle stampanti 3D di questa azienda. L’altro colosso mondiale di questo settore è Stratasys. Fondata da Scott Trump, che è l’inventore della tecnologia FDM, nel 2012 si è fusa con la israeliana Object e nel 2013 ha acquisito Makerbot che produce e vende stampanti 3D “entry level”. «La nostra azienda è sul mercato dell’additive manufacturing da oltre vent’anni – dice Davide Ferrulli, responsabile di Stratasys per il Sud Europa e il Medio Oriente – e da sempre le aziende che costruiscono stampi hanno utilizzato le nostre stampanti 3D per migliorare la comunicazione con i propri clienti. Infatti, a seguito di piccole modifiche sul prodotto da stampare che aiutino a migliorare i costi o le prestazioni dello stampo, è molto più facile far “toccare” al cliente un pezzo stampato in 3D che discutere su semplici disegni 3D o rendering, per avere l’approvazione a tali modifiche. Il limite era determinato dal dovere utilizzare materiali che si potevano soltanto avvicinare al materiale del prodotto definitivo. Da qualche anno, ci siamo spinti fino ad poter stampare in 3D anche gli stampi pilota, così da dare la possibilità di ottenere in poche ore e a basso costo uno stampo utilizzabile su una normale pressa per la produzione di una pre serie utilizzando lo stesso materiale che sarà utilizzato per la produzione definitiva». Secondo Davide Ferrulli, tra le varie tecnologie che Stratasys produce, quelle più adatte al mondo degli stampatori sono la FDM e la Polyjet. «La prima – precisa – è una tecnologia che con costi limitati permette di avere un prototipo funzionale del modello con un’estetica discreta, mentre nel caso della Polyjet l’alto livello della finitura superficiale e la possibilità di rendere al meglio anche i dettagli più piccoli, hanno reso possibile la realizzazione diretta degli stampi pilota». Grazie alla stampa 3D, oltre a poter realizzare gli stampi da impiegare in pressa per la produzione di una piccola pre-serie, iniettando i materiali definitivi, per gli stampatori dotati anche di automazione/robot, la tecnologia 3D e i suoi materiali altamente performanti sono utilizzati per la realizzazione delle mani di presa e di diversi componenti del sistema di automazione. «La tecnologia FDM, nata con Stratasys ed ora disponibile al pubblico dopo la scadenza del brevetto originario – conclude Davide Ferrulli – ha permesso la realizzazione di stampanti di discreta qualità a basso costo, quali quelle della nostra linea Makerbot. Dato il basso prezzo di acquisto, stanno permettendo a tutti, stampisti e stampatori inclusi, di avvicinarsi alla stampa 3D senza rischi. Devo dire che spesso però, dopo aver verificato l’effettiva utilità di avere una stampante in casa, molti clienti cercano un risultato più professionale, orientandosi quindi verso stampanti 3D di gamma più alta».

Tra i big della stampa 3D professionale c’è anche EOS. Fondata nel 1989 in Germania, è uno dei principali player mondiali nell’ambito dell’additive manufacturing. La sua offerta si basa essenzialmente sulla tecnologia SLS, con un ampia gamma di modelli in grado di realizzare prototipi usando come materie prime plastica, metallo o sabbia. «Produciamo stampanti 3D – afferma Vito Chinellato, country manager di EOS Italia – che sono adatte sia per la costruzione diretta di parti in plastica sia per la fabbricazione di componenti in metallo per gli stampi. In particolare i sistemi Eosint M e P utilizzano polveri in metallo e plastica fuse localmente grazie a sorgenti laser». Questi sistemi permettono di costruire tasselli stampo con raffreddamenti conformati, allo scopo di ottenere una termoregolazione molto precisa della superficie della figura stampante. «In questo modo – prosegue Chinellato – è possibile aumentare la produttività dello stampo grazie a cicli più rapidi e migliorare la qualità della parte stampata grazie a un controllo ottimale del momento dell’iniezione e successiva solidificazione della plastica. La tecnologia di sinterizzazione plastica consente di costruire a costi competitivi parti definitive senza costi di attrezzaggio e preparazione di linee di assemblaggio». Ma, secondo Chinellato, qual è la sensibilità attuale degli stampisti nei confronti di tecnologie come quella proposta da EOS? «Il settore degli stampi – spiega il manager – mostra un livello di accettazione di tecnologie di costruzione 3D simile, se non migliore rispetto ad altri. Esiste un grande livello di consapevolezza fra i professionisti del settore dei vantaggi che tecnologie 3D e in particolare i raffreddamenti conformati portano alle tecniche di stampaggio e per la costruzione di tasselli per stampi. Inoltre, i costruttori di componenti in plastica utilizzano tecniche professionali di stampa 3D per produrre senza vicoli e scorte di magazzino parti definitive».

Allo stato attuale delle cose esistono stampanti 3D professionali molto costose e stampanti consumer molto economiche. Un notevole gap di prezzo ma, ovviamente, anche di rese. Stanno però arrivando macchine professionali economiche. Ed è il caso di Norge, una piccola start-up fondata da italiani (anche se ha la sede in Gran Bretagna) che ha messo a punto una stampante a basso costo che sfrutta una delle più evolute tecnologie di stampa 3D attualmente disponibili: la sinterizzazione laser selettiva (SLS), solitamente impiegata in modelli professionali di prototipazione rapida. Verrà venduta a 25.000 euro, un decimo del costo della più economica delle stampanti professionali a sinterizzazione. Un secondo modello “desktop”, ancora in fase di sviluppo, costerà meno di 10.000 euro. «Un trend in forte sviluppo nel mondo della stampa 3D – ci racconta Luca Veneri, CEO di Norge – è quello di costruire “core” prototipati in 3D per le piccole pre serie da inserire direttamente nello stampo ad iniezione. Le nostre stampanti, basate sulla tecnologia di sinterizzazione laser selettiva, possono essere utilizzate anche dagli operatori del settore dello stampaggio a iniezione. Ciò che le rende particolarmente interessanti è il fatto che rispetto alle alternative attualmente sul mercato hanno un costo contenuto, il che può avvicinare anche i piccoli operatori del settore, che spesso hanno a disposizione budget limitati. Quello della stampa 3D è un trend tecnologico sicuramente destinato a prendere sempre più piede nel settore della produzione, sia “diretta” con la prototipazione – che grazie alla sinterizzazione permette di avere modelli durevoli e ad alta precisione dimensionale – sia “indiretta” con la produzione di stampi per piccole serie, stampi che grazie alla stampa 3D e alla progressiva democraticizzazione di queste tecnologie costano e costeranno sempre meno».

Un operatore entrato da pochissimo nel comparto della produzione di stampanti 3D è Roland DG, società fino a oggi nota per le tradizionali stampanti su carta e che ora arriva sul mercato con la ARM-10 basta sulla tecnologia della stereolitografia e della polimerizzazione. «La ARM-10 – afferma Vittorio Neri, marketing manager di Roland DG Mid Europe – è la prima stampante 3D prodotta da Roland, una delle due periferiche che costituiscono la serie monoFab. È adatta per realizzare dei prototipi funzionali per testare la validità dell’idea progettuale o per chi vuole realizzare piccole serie o prodotti personalizzati». ARM-10 sfrutta il processo di stereolitografia e quello di polimerizzazione. Viene usato un proiettore UV-LED per polimerizzare strato su strato imageCure, una resina fotopolimerizzante che diventa semitrasparente una volta solidificata, semplificando notevolmente le operazioni di post-stampa come la rimozione dei supporti di stampa e la lucidatura. «La nostra stampante ARM-10 – prosegue Neri – è ideale per realizzare prototipi funzionali o parti di prodotto, mock-up, oggetti di design e tantissime altre applicazioni. Ma se ci focalizziamo sul settore della stampa a iniezione tradizionale, è adatta per realizzare delle piccole serie o dei prodotti personalizzati. Inoltre, consente di gestire ai meglio ordini di piccole dimensioni e di una certa urgenza, dando quella flessibilità e quell’extra capacità, necessaria per competere in questo nuovo contesto produttivo (industriale/manifatturiero)». Per le sue caratteristiche e per il livello di prezzo, la nuova stampante di Roland si pone nella fascia intermedia tra quelle professionali e quelle consumer. «Le stampanti 3D di livello professionale – conclude Neri – sono concepite per essere usate in settori specifici e progettate per rispondere alle esigenze di un pubblico altamente specializzato. Queste caratteristiche si ripercuotono anche sul prezzo che, nonostante si sceso notevolmente negli ultimi anni, rimane ancora abbastanza elevato. Per chi vuole muovere i primi passi con la stampa 3D, la ARM-10 è la scelta giusta».

Fino a qui abbiamo scritto di stampanti professionali, ma invece in quale modo le stampanti 3D più consumer (quelle che adottano la tecnologia FDM, a fusione di filamento) potrebbero essere utile agli stampisti? Cerchiamo di capirlo con Gianni Querci, uno dei fondatori dell’azienda toscana GiMax3D che sviluppa e costruisce stampanti 3D “low-cost”. «Tra i nostri clienti – sostiene Querci – annoveriamo già aziende che producono stampi. A loro giudizio, questa tecnologia permette di abbattere tempi e costi con qualità adeguate alle loro necessità. Le macchine di nostra produzione stampano con tecnologia FDM/FFF producendo modelli in materiale termoplastico (dalla gomma più morbida alla plastica più rigida compreso polistirene, PET e ABS e PLA caricato) senza effettuare nessuna modifica meccanica al blocco di estrusione. L’arrivo di questa tecnologia nel settore stampi a un prezzo “low” ha permesso di innescare dei processi di pensiero industriale totalmente diversi. Le altre tecnologie, SLS, SLA, POLYJET, riescono a garantire delle prestazioni di risultato eccellenti».

Anche Hamlet produce una stampante 3D entry level, che costa meno di 1500 euro. «La nostra Stampante Hamlet 3DX100 – dice Antonio Campagnoli, sales & marketing manager di Hamlet International – si sposa perfettamente con le esigenze della piccola e media impresa nazionale proprio per il costo contenuto sia nell’acquisto che nella produzione di campioni unici di pre-produzione. La nostra proposta consente di accorciare le distanze tra lo stampatore o costruttore di stampi e il cliente committente. Prima di produrre un oggetto spesso si passa dalla modellazione matematica per finire alla realizzazione di uno stampo per la produzione di massa. In tutti questi passaggi è fondamentale avere a disposizione del cliente un campione funzionante di ciò che si andrà a produrre molto prima di cominciare la parte più onerosa del progetto, ossia la fabbricazione di stampi. Avranno molto successo tutte le piccole realtà che sapranno di dotarsi di Stampante 3D per la produzione di campioni “in casa” a costo quasi zero da mostrare al cliente». La stampante Hamlet 3DX100 utilizza la tecnologia FDM, quella con il miglior rapporto prezzo prestazioni sul mercato. È in grado di produrre pezzi unici sia in ABS che PLA , PET e Polistirolo. Secondo Campagnoli «La stampa 3D può sostituire la tecnologia a iniezione per tutti i prodotti a bassissima tiratura e per la realizzazione di prototipi o prodotti personalizzati per il cliente».

Una tecnologia da padroneggiare

Di stampisti e stampa 3D abbiamo parlato con Lino Pastore, che in qualità di presidente di Ucisap (Unione Costruttori Italiani Stampi & Attrezzature di Precisione) e titolare di Giurgola Stampi (azienda specializzata nella progettazione e costruzione di stampi per materie plastiche e molto attenta all’innovazione tecnologica) ha una visione aperta del comparto degli stampisti e della loro sensibilità nei confronti del ricorso alle tecnologie di stampa additiva.

Dal suo punto di osservazione di presidente di UCISAP qual è il rapporto degli stampisti con le tecnologie 3D?

Non ho una visone generale di tutte le aziende che appartengono a UCISAP, ma quelle che ho sentito non la stanno adottando in maniera sistematica, a livello di investimenti per comperare internamente le attrezzature per la stampa 3D, ma a livello di servizio rivolgendosi ai service di prototipazione rapida esterni.

Secondo lei conviene ora a uno stampista investire in questa tecnologia?

Potenzialmente è una grande opportunità per gli stampisti, perché può aiutarli a completare più velocemente la costruzione di uno stampo a livello di ricerca e sviluppo, di pilotaggi, della realizzazione delle parti interne di uno stampo con le nuove tecnologie, in modo da riuscire ad arrivare dalla progettazione al pezzo stampato in poche settimane. Ritengo tuttavia che sia una tecnologia che ha ancora bisogno di tempo per svilupparsi completamente.

La stampa 3D è un più un pericolo per gli stampisti, nel senso che potrebbe ridurre il loro lavoro, o un’opportunità?

È vero che potrebbe teoricamente portar via in futuro lavoro agli stampisti, ma se inizieranno ad adottarla sarà una tecnologia che agevolerà il loro lavoro. La dovranno però capire bene, farla loro. Non bisogna mai mettere freno alle nuove tecnologie e sono convinto che a breve riusciranno ad apprezzarla e inserirla all’interno delle loro officine anche se la stampa 3D professionale, non parlo di quella da scrivania, richiede investimenti ancora consistenti anche se probabilmente destinati a scendere in futuro. Io, in qualità di stampista, sto valutando la possibilità di investire in questa direzione.

Ci sono però almeno sei tecnologie differenti di stampa 3D e non è facile scegliere quella su cui puntare…

Dipende anche dal servizio che uno stampista vuole dare. Il 99% di quello che viene realizzato per uno stampo di produzione passa attraverso la prototipazione, che può essere rapida e quindi in stampa 3D. Poi, soprattutto nella plastica, si passa allo stampo pilota ha l’unico scopo di verificare il funzionamento dell’accessorio che si sta costruendo. Abbiamo provato anche a realizzare stampi pilota in silicone, ma non ci consentono ancora di ottenere pezzi con le caratteristiche meccaniche identiche al 100% di quelli stampati a iniezione con lo stampo di produzione. Con la stampa 3D è possibile comunque ridurre drasticamente il tempo che passa tra il prototipo realizzato con le tecniche di prototipazione rapida e il pezzo stampato a iniezione utilizzando lo stampo pilota. I tempi si accorciano perché, almeno nel caso della mia azienda, alcune parti dello stampo possono essere fatte con tecnologia 3D. Ci sono resine per la stampa 3D che oggi resistono anche a 300°C.

Sono materiale però molto più costosi di quelli necessari per gli stampi pilota tradizionali?

È vero che sono costosi, ma quello che costa di più oggi è il tempo. Se uno stampista riesce a presentare al suo cliente un vero pezzo stampato a iniezione con tutte le caratteristiche necessarie in modo che nell’arco di due settimane possa avere l’attrezzatura necessaria, controllare che funzioni e dare il via alla produzione, allora ci guadagnano tutti, gli stampisti e i loro clienti. È quindi fondamentale che lo stampista guardi alla stampa 3D sia con l’occhio del servizio da dare al cliente, sia da quello della possibilità di acquisire nuovo lavoro proprio grazie alla velocità che si riesce a ottenere.

Prima diceva che, a livello della sua azienda, sta valutando la possibilità di investire in stampa 3D. Cos’è che la frena, in particolare?

La mia azienda si occupa essenzialmente di stampi per tappi, capsule, erogatori e chiusure filettate. Nel nostro caso la finitura è importante e se le attuali stampanti 3D consentissero di ottenere dei pezzi pronti probabilmente avrei già investito, ma il fatto che per i pezzi estetici e non tecnici sia necessario un passaggio di finitura mi frena decisamente. Ma se non sarà quest’anno o il prossimo, secondo me tra due anni è una tecnologia che lo stampista dovrà avere al suo interno. Considerando anche i miglioramenti che sono certamente in arrivo sia sul fronte dei materiali sia su quello delle macchine.

The following two tabs change content below.
Moreno Soppelsa è un giornalista e fotografo con competenze nella diffusione di contenuti nei nuovi e vecchi canali, dalla carta stampata ai social media, dai siti Web alle App.

Ultimi post di Moreno Soppelsa (vedi tutti)

Copy Protected by Chetan's WP-Copyprotect.