Se l’olio è innovativo

Un’azienda italiana ha “inventato” un olio da taglio di origine naturale, pulito e altamente performante, messo a punto appositamente per il metalworking.

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Bellini – Tecnologie della lubrificazione (http://www.bellini-lubrificanti.it) è un’azienda di relativamente piccole dimensioni (12,5 milioni di fatturato) che ha sempre investito molto in ricerca e sviluppo. Sia per migliorare le performance dei propri prodotti sia per renderli più rispettosi dell’ambiente e delle persone. «La nostra attenzione per l’ambiente – spiega Andrea Bellini, direttore marketing dell’azienda – può essere considerata come il driver principale dell’innovazione aziendale. La sua massima espressione è stato l’investimento di 400.000 euro sostenuto per lo sviluppo di una nuova categoria di prodotti a impatto ambientale nullo, che ha introdotto una rivoluzione igienico-sanitaria nel metalworking italiano».

Harolbio

Andrea Bellini si riferisce ad Harolbio, una linea di prodotti per la lavorazione dei metalli, formulata con materie prime provenienti da fonti rinnovabili e biodegradabili, nata dalla collaborazione tra il laboratorio di ricerca e sviluppo Bellini e qualificati centri di ricerca universitari. Il punto di forza di questo prodotto è derivato dal fatto che viene realizzato impiegando esteri di derivazione naturale, geneticamente e chimicamente modificati, anziché esteri di sintesi.

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Era da un po’ che in Bellini si pensava a un’alternativa agli oli minerali, in linea con la forte sensibilità aziendale per la tutela dell’ambiente e dei lavoratori. I problemi e i limiti degli oli minerali sono ben noti, ma anche gli oli lubrificanti industriali a base di esteri di sintesi, presenti da anni sul mercato, non sono immuni da problemi. Nonostante i vantaggi provenienti dall’assenza di olio minerale, danno infatti nel tempo problemi di stabilità termico-ossidativa, con conseguente formazione di lacche e residui. «Inoltre possono formare fumi e nebbie e a volte sono caratterizzati da scarsa biodegradabilità» aggiunge Andrea Bellini. «Gli Harolbio – prosegue – sono invece prodotti di derivazione naturale che, anche grazie alla tecnologia di produzione innovativa che abbiamo sviluppato, forniscono tutti i vantaggi derivanti dall’assenza di olio minerale. In particolare sono in grado di garantire una maggiore stabilità all’ossidazione rispetto agli oli vegetali tradizionali e agli oli insaturi, un ottimo potere lubrificante grazie a un coefficiente di attrito ridotto del 30% anche in assenza di additivi EP, biodegradabilità superiore al 90%, rinnovabilità, elevatissimo punto di infiammabilità, assenza totale di olio minerale e quindi anche di IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici), alto punto di fumo, totale atossicità ed elevata tollerabilità igienico-sanitaria e ambientale».

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Vantaggi in produzione

I vantaggi non sono soltanto ambientali e relativi alla salute dei lavoratori (ricordiamo che gli IPA sono cancerogeni), ma si ripercuotono sulla produzione. Secondo quanto comunicato da Bellini, l’uso degli oli Harolbio permette di prolungare la durata degli utensili, di abbattere le nebbie in lavorazione, di incrementare i parametri di taglio e di ridurre i consumi sia energetici sia di olio. «L’utilizzo di Harolbio – precisa Andrea Bellini – permette di ridurre l’usura degli utensili fino al 40% per le lavorazioni di leghe di alluminio e fino all’80% per la lavorazione di ghisa. Per questa caratteristica consente quindi di produrre lotti più numerosi, limitando i tempi di inattività della macchina e i costi di riavviamento. Per quanto riguarda le performance, l’impiego di Harolbio permette di ridurre i consumi elettrici del 3/4%, con punte del 7% per le lavorazioni più gravose. Inoltre, test empirici hanno dimostrato che nei luoghi dove è utilizzato questo lubrificante l’aria è meno pesante e più trasparente, apportando un notevole vantaggio nella riduzione dei costi relativi ai filtri degli aspiratori. Infine, il micro-strato oleoso tipicamente presente sulle pavimentazioni è drasticamente ridotto, se non del tutto eliminato, con conseguente riduzione del rischio di scivolamenti e infortuni».

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Altro interessante aspetto di Harolbio deriva proprio dal fatto che è composto da basi che non sono raffinate in laboratorio ma che vengono direttamente impiegate nello stato in cui sono dopo l’estrazione dalla pianta. Il che vuol dire che si tratta di una produzione “a km 0”, con il conseguente risparmio energetico (carburante per il trasporto, energia per la trasformazione e così via) dovuto all’eliminazione di step di trasformazione intermedi.

Non solo innovazione di prodotto

Fin qui abbiamo scritto essenzialmente dell’innovazione di prodotto. Ma vale la pena di citare il fatto che questa è stata accompagnata da significativi investimenti nel processo produttivo. In contemporanea al recente trasferimento di sede della Bellini è stato infatti rivoluzionato il sistema di produzione, trasformato da impianto a un unico livello a impianto a due livelli, ottenendo una maggiore efficienza sia operativa sia energetica. I componenti da miscelare per la realizzazione del prodotto finito sono ora aspirati all’interno di miscelatori posti su un piano rialzato rispetto al terreno. Un accorgimento che permette agli operatori di sfruttare la forza di gravità per confezionare il prodotto nei vari formati, evitando il ricorso a pompe dal forte assorbimento energetico, altrimenti necessarie vista la viscosità tipica dei lubrificanti. Sul versante dell’attenzione di Bellini per la riduzione dei consumi energetici è da segnalare anche l’investimento dello scorso anno in un impianto fotovoltaico installato sulla copertura dello stabilimento. In un anno di utilizzo l’impianto ha generato 125 MW di energia elettrica, evitando l’emissione di 65 tonnellate di CO2.

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Come è nato

Vediamo ora come si è arrivati a questo olio, nato dall’interessante collaborazione con parti esterne all’azienda. Bellini è stata infatti la capofila del progetto Studio, ottimizzazione e applicazione di fluidi lubrificanti ecocompatibili nelle lavorazioni meccaniche cofinanziato da Regione Lombardia e che ha visto coinvolti Bellini, centri di ricerca universitari (Dipartimento di Fisica dell’Università di Modena, il Politecnico di Milano e l’Università di Brescia) e alcune aziende che si sono prestate a provare l’olio sui loro centri di lavoro. L’investimento totale è stato di 1,2 milioni di euro per l’intera cordata di imprese che ha partecipato al progetto, dei quali 400.000 euro sostenuti direttamente da Bellini, come già accennato. Un investimento ampiamente giustificato dai dati di vendita. Nel 2009 sono state vendute 40 tonnellate di Harolbio, 200 nel 2010 e 480 nel 2011. «Grazie ai dati sui primi mesi del 2012 – afferma Andrea Bellini – prevediamo a fine 2012 di venderne 900 tonnellate. In riferimento al fatturato complessivo, le vendite di Harolbio sono passate dall’1% del 2009 al 20% stimato per il 2012». L’obiettivo operativo della Bellini è quello di ottenere un volume addizionale di 1100 tonnellate in Europa e generare un volume di 3000 tonnellate nei mercati emergenti entro il 2015.

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Arrivare alla formulazione finale di Harolbio non è stato facile. «Siamo partiti analizzando i prodotti di sintesi presenti sul mercato, identificando le loro debolezze e i loro punti di forza» racconta Andrea Bellini. «Abbiamo analizzato decine di materie prime, fino a individuare quelle più promettenti. Abbiamo fatto i primi esperimenti sui centri di lavoro, valutando decine di parametri che spaziavano dall’assorbimento energetico della macchina alla qualità del tagliato, oltre al monitoraggio degli agenti tossici e cancerogeni. I primi esperimenti non hanno dato il risultato voluto, ma un po’ alla volta siamo arrivati alla struttura chimica perfetta per ottenere i risultati finali voluti e che sono quelli attuali di Harolbio».

Finanziare la ricerca

Alberto Bellini fondatore e attuale presidente dell’azienda sottolinea il grande impegno nel cercare un’alternativa agli esteri di sintesi che costano molto di più e non hanno le stesse performance di Harolbio. «Abbiamo selezionato una quarantina di materie prime che ci sembravano adatte per individuare quella migliore per realizzare il nostro prodotto. Abbiamo quindi finanziato una borsa di studio per un ricercatore del Dipartimento di Fisica dell’Università di Modena, dotata delle attrezzature necessarie per realizzare le curve di Stribeck per ogni lubrificante fornito. Una volta stabilito, grazie al lavoro di un anno di questo ricercatore, il prodotto con la migliore curva, lo abbiamo testato nei nostri laboratori con una macchina appositamente costruita per verificarne la resistenza all’ossidazione. Un test che facciamo ancora oggi, con una macchina nuova e dedicata appositamente a questo, su tutti i prodotti Harolbio. Ancora oggi per ogni partita di materie prime che acquistiamo controlliamo che risponda alle strette specifiche che abbiamo imposto ai nostri fornitori. E in laboratorio controlliamo anche la rispondenza a una specifica che non abbiamo divulgato, ma che deve essere soddisfatta per poter diventare un olio Harolbio. È capitato, e capiterà, che intere autobotti tornino dal nostro fornitore. È questa attenzione che ci permette oggi di vedere crescere in maniera esponenziale le vendite di questo olio che è basato su esteri che non sono di sintesi».

Il buon risultato di Harolbio nell’ambito della lavorazione del metallo ha incoraggiato l’azienda nello sviluppo di altre linee di lubrificanti analoghi. In particolare, Bellini sta cooperando con alcuni istituti di ricerca per la formulazione di HydroBio, fluidi industriali di consumo da impiegare in altri ambiti.

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Moreno Soppelsa è un giornalista e fotografo con competenze nella diffusione di contenuti nei nuovi e vecchi canali, dalla carta stampata ai social media, dai siti Web alle App.

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