Il flop delle auto all’idrogeno

Le auto elettriche sono moribonde. Il futuro dei trasporti è nell’idrogeno. Anzi, no. Ad essere morte sono proprio quelle a idrogeno.

 Le nuove tecnologie hanno sempre molti innamorati. Ma spesso sono flirt difficili, che vanno e vengono. E a volte passeggeri. Soprattutto quando si parla di automobili che non sono alimentate con gas o derivati del petrolio. Prendiamo le auto elettriche. Una novità degli ultimi anni? Macché, la prima auto elettrica venne costruita da un olandese, Sibrandus Stratingh, nel 1835. E nei primi anni del 900 nella hit delle auto più vendute in Europa c’erano quelle elettriche, non i modelli a benzina. Poi il ribaltamento: le batterie duravano poco, l’autonomia era limitata, non si sapeva bene come ricaricarle in maniera efficiente, costavano care (non che siano cambiate di molto le cose, cento anni dopo, per la verità). Il progresso che avanzava era quello dei motori a combustione interna. Tutti vantaggi e nessun svantaggio. Di petrolio era pieno il mondo.

Poi le auto elettriche sono tornate di moda. Oggi non c’è nessun produttore che non ne abbia di accettabili in listino. Soprattutto veicoli ibridi, che vanno sia a elettricità sia a benzina o gasolio. Quando vanno a combustione ricaricano le batterie. Ma c’è, o c’è stato perché non si capisce ancora bene, il nuovo che avanza. Le macchine a idrogeno. Quelle che per molti stanno rendendo già vecchie le vetture elettriche. Innamoramento tecnologico. Dal tubo di scappamento esce vapore acqueo. Ci si può pulire gli occhiali.

Nuova vecchia notizia

Non è proprio una notizia dell’ultim’ora. E’ dai primi anni del 2000 che se ne parla, con un picco di interesse tra il 2007 e il 2008. E proprio nel 2008 nell’Ohio una macchina ad idrogeno Fuel Cell  – esattamente potremo chiamarla “veicolo elettrico a  celle a combustibile”, in grado cioè di convertire l’energia chimica dell’idrogeno in elettricità – ha raggiunto un record di velocità ancora imbattuto: 461 chilometri all’ora. E tante case automobilistiche, sfruttando spesso finanziamenti governativi, hanno cominciato a progettare modelli da costruire in serie. Soldi che però un giorno ci sono e l’altro no. George Bush, nel 2003 ha messo in tavola 1,2 miliardi di fondi pubblici per la ricerca sull’auto a idrogeno. Spostati in gran parte nel 2009 dall’amministrazione Obama (il Presidente ha dichiarato più volte che non crede molto nell’idrogeno) verso auto elettrica e biocarburanti.

Nonostante tutto molte case automobilistiche vanno avanti. La più tenace è Honda, che ha messo a punto il suo primo veicolo a celle a combustibile nel 1999 e dal 2008 vendicchia il nuovo modello, Clarity FCX, negli Stati Uniti e in Giappone. Il Gruppo General Motor lavora su questa tecnologia addirittura dagli anni 60 e il suo motore a idrogeno è arrivato alla quarta generazione. Sono in circolazione dal 2007 un centinaio Chevrolet Equinox a idrogeno. Un Suv, perché il motore è grosso e ancora non può essere alloggiato in una berlina. Però pare che vada bene: queste macchine hanno percorso tre milioni di chilometri e si sono rivelate affidabili. Con un pieno fanno 300 chilometri e hanno una potenza di 99 cavalli. Entro il 2015 General Motor dovrebbe lanciare un motore di celle a combustibile più piccolo (la metà per peso e dimensioni), adatto anche alle utilitarie. Per le quali dovrebbe essere ridotto di un terzo il costosissimo platino necessario per la reazione chimica che genera la corrente elettrica. Per adesso il motore di quarta generazione sarà montato sulla nuova Opel HydroGen 4,  che andrà a fare compagnia, se tutto andrà bene, alla Opel Ampera, ibrida elettrica-tradizionale e alla Meriva MeRegio, esclusivamente elettrica. Anche Mercedes- Benz guarda da tempo all’idrogeno. Dopo aver fornito nel 2005 bus a idrogeno alla città di Pechino per i trasporti urbani, proprio in questi giorni tre Mercedes Calsse B F-Cell stanno facendo ritorno in Europa dopo aver lasciato la Cina e percorso decine di migliaia di chilometri in Asia, Europa, Nordamerica e Australia. Prototipi, anche in questo caso.

Idrogeno italiano

Per ora le auto a idrogeno sono operazioni di marketing e belletto aziendale, più che altro, perché la vera produzione di massa è prevista per il 2020. Almeno case come GM e Honda dimostrano di crederci ancora. Fiat, dopo aver sfoggiato nel 2005 prototipi di 500 e 600 a idrogeno, non ne parla quasi più. Colpa forse di qualche imbarazzante incidente di percorso dell’idrogeno in Italia. Roberto Formigoni, il governatore della Lombardia, ci credeva così tanto da presentare in pompa magna nel 2004 a Milano il primo distributore di idrogeno gassoso made in Italy. Chiuso poco tempo dopo dalla Guardia di Finanza tra l’imbarazzo generale per non meglio precisati motivi e mai più riaperto. Silenzio assoluto fino all’inaugurazione nel 2010 di un distributore sulla Tangenziale Ovest di Milano per rifornire una flotta di 20 Fiat  che la Regione diceva essere intenzionata a comperare. Ancora silenzio per un anno e finalmente Roberto Formigoni annuncia che la Regione Lombardia ha acquistato dieci Panda a idrometano. Idrometano? Sì, niente a che fare con le macchine a idrogeno. Si tratta di veicoli con tradizionale motore a combustione interna, alimentate con una miscela composta al 70% da metano e al 30% da idrogeno. E anche il distributore sulla tangenziale è a idrometano: buono a nulla per le vere auto a idrogeno.

Aspettando il 2015

I costruttori di auto un anno sì e uno no dichiarano di rallentare, aumentare o cessare la ricerca e lo sviluppo per le auto a idrogeno. Come General Motor, che prima ha investito tanto, poi ha dichiarato di preferire l’elettrico e ultimamente ha  ripreso con rinnovato entusiasmo a lavorare con l’idrogeno. Sempre prototipi o poco più, sia chiaro. Comunque, un paio d’anni fa Daimler, Ford, General Motors, Honda, Hyundai, Kia, Renault, Nissan e Toyota hanno rilasciato una dichiarazione congiunta impegnandosi a lanciare veicoli elettrici a celle a combustibile entro il 2015. A patto che governi e compagnie energetiche e petrolifere facciano la loro parte nel costruire i distributori di idrogeno. Per adesso di concreto nell’aria c’è poco. Ce ne sono una ventina in California, lo Stato che per primo ci ha creduto, e infatti le uniche 200 macchine a idrogeno che Honda ha venduto sono state proprio lì. Anche in Germania si sta muovendo qualcosa con il progetto H2 Mobility, ma niente di concreto per ora. A differenza del piano di investimenti nazionale tedesco di tre milioni di euro per la costruzione entro il 2020 di 750.000 stazioni di ricarica per auto elettriche. Elettriche.

Nel bene e nel male

Gli animi sulle automobili alimentate a idrogeno si sono raffreddati per i molti problemi da risolvere. In primo luogo, allo stato attuale della tecnologia, una vettura a idrogeno dovrebbe costare più o meno il doppio rispetto a un’equivalente motore tradizionale. Poi  il motore pare non vada oltre una durata di 130.000 chilometri. Investimento iniziale più alto e durata minore del bene. Chi se ne intende di economia va a prendere subito i listini delle auto tradizionali.  Non interesserà molti italiani, ma c’è anche un altro punto negativo: queste macchine non funzionano se la temperatura scende oltre -25°.

Passiamo all’idrogeno. Ce n’è in abbondanza in giro per il pianeta. Quella formuletta che conosciamo tutti: H20, due parti di idrogeno e una parte d’acqua. Peccato che l’idrogeno, H e basta, non si trovi libero in natura da nessuna parte. Per estrarlo dall’acqua occorre usare molta energia. Più di quella che se ne ricava usandolo come combustibile. Un bilancio energetico negativo insomma, che sposta l’inquinamento dal tubo di scappamento agli impianti che per ricavare idrogeno usano attualmente metano e altri combustibili fossili. Lavorandoci molto sopra si potrà ottenere anche da energie rinnovabili, come quelle biologiche ed eoliche, ma non è cosa da questi anni. In molti pensavano che l’uovo di colombo per produrre energia per estrarre l’idrogeno per alimentare le auto per inquinare meno fosse l’energia nucleare. Ma da qualche mese hanno cambiato idea. Infine, essendo l’idrogeno un gas possiede un minor contenuto di energia rispetto ad altre fonti e trasformarlo in un liquido richiederebbe energia e lo renderebbe ancora meno efficiente. Quindi lo stoccaggio, il trasposto e la distribuzione sono molto più difficili della consolidata energia elettrica. Problemi pesanti da risolvere. Che spariranno quando la tecnologia sarà più matura soprattutto per quanto riguarda la produzione e la logistica dell’idrogeno. I più ottimisti parlano di dieci anni. Almeno. Intanto la strada la percorreranno veramente le auto elettriche.

Intanto, le elettriche

Mentre l’idrogeno sta muovendo, da un decennio, i primi passi, le macchine elettriche sembrano aver preso il vento giusto. Il 2011 vedrà il debutto di diversi modelli alimentati ad elettricità: Citroen C-Zero, Mitsubishi i-Miev, Renaul Fluence, Volvo C30 Bev, Chevrolet Volt, Nissan Leaf,  BMW 320d e Smart Fortwo electric drive. Ne abbiamo scelte quattro da tenere d’occhio.

Chevrolet Volt.  E’ già in vendita negli Stati Uniti e arriverà in Europa a novembre a un prezzo di listino di 42.000 euro. Si ricarica con la spina di casa in quattro ore. Peccato che l’autonomia sia di ottanta chilometri, anche se uno speciale generatore di bordo riesce a ricaricarla aumentandola anche significativamente. Corre forte: 160 chilometri all’ora.

Nissan Leaf. La sua velocità di crociera è di 140 chilometri all’ora e ha un’autonomia dichiarata è di 160 chilometri. Alla presa di casa si ricarica in tre ore, ma quando saranno disponibili in forze i distributori pubblici la ricarica sarà molto più veloce. Sarà venduta in Italia entro la fine dell’anno. Il prezzo di listino sfiorerà i 35.000 euro, ma con circa due euro percorre cento chilometri.

Peugeot iOn. Ha avuto il suo momento di gloria al Salone del Mobile di Milano, dove ha destato effettivamente molto interesse. A Milano, in collaborazione con A2A, sono già state installate 32 stazioni per ricaricarla in circa trenta minuti. Il prezzo di listino è di 35.000 euro. L’autonomia massima dichiarata è di 150 chilometri e raggiunge una velocità di 130 chilometri all’ora.

Smart Fortwo electric drive. Per ora in Italia non viene venduta, ma si può avere con la formula del noleggio al lungo termine a 480 euro al mese nell’ambito del progetto e-mobility portato avanti da Enel e Smart . Alla presa di casa si ricarica in circa 6/8 ore, raggiungendo un’autonomia di 135 chilometri. Nelle colonnine pubbliche predisposte da Enel si può fare una ricarica rapida per avere un’autonomia di cinquanta chilometri.

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Moreno Soppelsa è un giornalista e fotografo con competenze nella diffusione di contenuti nei nuovi e vecchi canali, dalla carta stampata ai social media, dai siti Web alle App.

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